Michele Torelli: L'uomo, il genio
Sul filo della memoria e dei ricordi mi appresto a tracciare e a delineare i tratti salienti di un personaggio che è stato per la nostra cittadina un fulgido esempio di umanità e genialità al tempo stesso.
|
|
Michele Torelli (1909-1994) |
L’attività è frenetica. La materia prima, l’oro, viene manipolata e, come per incanto, emergono i manufatti: collane, bracciali , orecchini di raffinata fattura sono il risultato di un processo di lavorazione molto complesso e laborioso. Tutte le fasi della lavorazione sono eseguite artigianalmente, senza l’ausilio di macchinari, solo gli strumenti dell’orafo: la forgia e i crogiuoli per fondere, la trafila per la produzione di lamine e filamenti vari ecc… Un lavoro impegnativo ed estenuante che dava però gratifiche inimmaginabili, quando si ammirava il risultato ottenuto.
Ma il tempo scorre inevitabilmente. Non si può restare fuori della storia e quindi dell’evoluzione e del progresso.
Gli anni cinquanta e quelli del boom economico, gli anni sessanta, vedono l’uomo e il genio pronti a sfidare le leggi del mercato. Bisogna allargare gli orizzonti ed offrir non solo prodotti dell’artigianato ma anche manifatture industriali per una clientela sempre più esigente e raffinata.
Ed ecco Michele Torelli approdare a Napoli, la piazza più fornita di tutto il meridione. Via degli Orefici è il luogo di ritrovo dei commercianti orafi. E’ un pullulare frenetico di svariate attività. E’ il cuore di un’economia che pulsa. L’uomo è a suo agio. Compra, stipula contratti, instaura nuove amicizie, entra pian piano in quel mondo affaristico che richiede attenzione, oculatezza e tanto “fiuto”. Il genio emerge prepotente, ottiene fiducia. La strada è tracciata.
Come dimenticare quel valigione di cartone pressato, ricoperto di una fodera color cachi, chiusa da una lunga fila di bottoni, utilizzata per gli acquisti? Come non ricordare, io ancora ragazzino, l’attesa spasmodica alla stazione dei pullman della Sita l’arrivo del mio papà per aiutarlo a trasportare quell’enorme bagaglio stracolmo e pesantissimo che, nonostante i miei sforzi, non riuscivo mai a sollevare e trasportare? Si può forse lasciare nell’oblio il profumo e la fragranza delle sfogliatelle napoletane, che puntualmente spuntavano fuori da quel bagaglio stracolmo all’inverosimile? No, non è possibile dimenticare tutto questo. Sono ricordi che, sopiti, emergono prepotentemente ad ogni occasione.
L’uomo ed il genio perseguono gli obiettivi prefissati. Ma non è da solo. Collaborano fattivamente alla crescita della piccola azienda i primi due figli, Pasquale e Ciro, ormai provetti orafi.
Tutto sembra scorrere senza intoppi ma … ahimè! Nella primavera del 1968 un ictus cerebrale mette k.o. l’uomo e il genio. All’età di sessant’anni, ancora nel pieno della sua vigoria fisica e mentale, deve abbandonare e cedere il testimone ai due figli.
Inizia un periodo di lunga convalescenza. Lui caparbio e dotato di una tempra fisica eccezionale la spunta, ma non è più in grado di assolvere ad i suoi impegni. Continua però, ad essere un punto di riferimento costante per i figli, un consigliere attento e sempre ascoltato.
Lo rivedo claudicante, con il suo bastoncino che lo sorreggeva, percorrere non senza difficoltà la strada che da casa portava al negozio. Era puntuale, tutti i giorni, dopo aver provveduto a fare la spesa quotidiana, fino a quando la malattia lo costringerà a restare in casa. Sono momenti difficili, ma ancora una volta l’umanità di quest’uomo si dimostra immensa, anche nella sofferenza. Mai un lamento, una recriminazione, una protesta. Seduto sulla sua poltrona, accudito dalle cure amorose di mia madre e di mia sorella Maria, aspettava con serenità d’animo l’ora fatale, che giungerà il 25 agosto del 1994.
La sua scomparsa ha lasciato un vuoto immenso. Lo compiansero in tanti, perché in tanti, come dimostrò la partecipazione di una folla oceanica ai funerali, si ricordavano dell’uomo e del genio e con la loro presenza hanno voluto testimoniare la stima e l’affetto alla famiglia.
Pasquale e Ciro hanno continuato l’attività imprenditoriale, sulla scia e le orme lasciate dal loro maestro. La continuità della tradizione orafa, comunque, era assicurata.
Tradizione che ancora oggi continua. Un altro Michele Torelli entra in scena. Nipote del capostipite e figlio di Ciro, riceve in eredità il testimone di una storia fatta di sacrifici e, perché no, di tante soddisfazioni e gratifiche.
Apre oggi, a San Marco in Lamis, sempre alla via Matteotti, un’attività commerciale intestata a Michele Torelli junior anch’esso artigiano orafo. La tradizione continua.
A Michele junior gli auguri della famiglia e di quanti lo conoscono perché continui, con onestà e serenità d’animo, il lavoro intrapreso tanti anni fa da suo nonno, a cui potrà idealmente rivolgersi nei momenti di sconforto e di difficoltà perché lo illumini coi suoi saggi consigli.
Prof. Antonio Torelli
Articolo "Gazzetta del Mezzogiorno"